Amore. l'amore, le mie parole
come pesciolini rossi
me le vedo intorno e poi piano piano
in questa atmosfera di confusione
c'è un'intenzione:
Evasione, evasione, evasione, evasione, evasione, evasione, evasione!
come pesciolini rossi
me le vedo intorno e poi piano piano
in questa atmosfera di confusione
c'è un'intenzione:
Evasione, evasione, evasione, evasione, evasione, evasione, evasione!
No, non
ci riferiamo alla bella canzone di Gaber, vogliamo parlare dell’evasione
fiscale. Il ricco padrone della destra la definisce un obbligo, una necessità:
altri, invece, il male peggiore della società, ma spesso finiscono con l’essere
ipocriti, perché non fanno nulla per combatterla davvero.
Guardiamo
allora qualche dato. In Italia i contribuenti, esclusi quindi quei 10 milioni
di cittadini che non pagano IRPEF perché hanno redditi lordi annui inferiori a
7500 euro (in gran parte pensionati, quindi), sono circa 25 milioni. Ma di
questi, 20 milioni non possono evadere, anche se lo volessero: sono pensionati
e lavoratori dipendenti che pagano le tasse dovute con la ritenuta alla fonte.
Bene, restano circa 5 milioni di cittadini (anzi, per una parte di essi si
dovrebbe usare il termine meno nobile di individui,
perché si è cittadini solo se si
rispettano doveri e diritti della cittadinanza). Come si comportano? Nel
2007 i titolari di partita IVA erano 5 milioni e 700 mila, compresi quindi quei
lavoratori di fatto dipendenti ma costretti dalle tante iniquità contro il
lavoro a subire un rapporto lavorativo di tal fatta. Quasi certamente non
contribuiscono al volume d’affari, che per l’81% delle partite arrivava fino a
185.000 euro annui (e tanto meno a quel 19% che quella cifra la superava).
Inoltre, sempre con riferimento al 2007, esistevano oltre un milione di società
di capitali.
Dati più recenti descrivono
questa società: il reddito medio lordo annuo di un lavoratore dipendente è di
20 mila euro, che scendono a 15.500 per un pensionato e salgono a 42.280 per un
lavoratore autonomo. La sorpresa viene fuori dai calcolo per gli imprenditori,
altrimenti noti come padroni: per loro il reddito medio lordo assomma a 18.840
euro annui, che scendono addirittura a 17.480 euro in caso di contabilità
semplificata! Ma a chi la vogliono raccontare che un imprenditore guadagna meno
di un lavoratore dipendente e solo 160 euro al mese più di un pensionato?
Insomma, si sa dove può annidarsi
l’evasione, il problema è che non la si vuole colpire. Quando hanno introdotto
il redditometro, hanno stabilito che l’accertamento forzoso poteva scattare
solo quando la differenza tra reddito dichiarato e spese sostenute superava i
100.000 euro: una bella riduzione della platea! Anche perché gente del genere
sa benissimo come cavarsela! Nessuna, o poca attenzione al fatto che, dalle
stesse dichiarazione, emerge che ci sono 100.000 case di proprietà e 71.000
attività finanziarie all’estero, per non parlare dei paradisi fiscali e delle
tante, troppe porcherie che continuano a restare impunite, e che portano
l’evasione alla cifra impressionante di 180 miliardi di euro!
Insomma, una lotta seria
all’evasione può farsi solo se si parte dalla volontà di correggere (è solo un eufemismo) il dato più esplicito di una
società violenta fondata sulla disuguaglianza: il 5% dei più ricchi ha un
reddito pari alla somma di quelli del 55% dei contribuenti. Lo conferma persino
il fisco evaso, dal momento che i cosiddetti paperoni, cioè chi ha un reddito
superiore a 300 mila euro, sono 28 mila.
Accertare quindi, come in qualche
raro caso si riesce a fare. Ma non basta: occorre punire con maggior rigore, se
davvero si vuole considerare l’evasione come un reato insopportabile.
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