Poco più di
due ore sono state sufficienti per la decisione della Corte d’Appello di Genova
che doveva limitare il suo intervento alla richiesta della Cassazione di
valutare le eventuali riduzioni di pena a carico di cinque manifestanti
coinvolti negli avvenimenti di Genova 2001. E’ utile ricordare che i pm Anna
Canepa e Andrea Canciani accusarono venticinque manifestanti di essere responsabili
di tutto quello accaduto a Genova il 20 e 21 luglio, ricorrendo addirittura al
rispolvero di un articolo del codice fascista Rocco, recepito nell’ordinamento
ma mai applicato prima, che prevede il reato di associazione per delinquere
finalizzata alla devastazione e al saccheggio. I successivi tre gradi di
giudizio avevano in gran parte smentito la incredibile elaborazione dei
pubblici ministeri e in Cassazione quindici di quei venticinque vennero o
assolti o condannati a pene minime cadute in prescrizione, perché ritenuti
responsabili al più di un “reato di resistenza” (che sarebbe davvero assurdo
considerare tale), nel senso che le loro azioni erano state provocate da
“cariche violente e ingiustificate” dei reparti di carabinieri. Per i restanti
dieci, quasi come compensazione, vennero confermate pur con qualche riduzione
pene rilevantissime per reati comunque riconducibili a danni alle cose e non a
persone (in appello si erano erogati fino a 16 anni di carcere e anche in
questo caso va ricordato che quattro poliziotti delinquenti riconosciuti
responsabili dell’omicidio di Federico Aldrovandi sono stati condannati
ciascuno a tre anni e mezzo, quindi quattordici anni in tutto). La Cassazione
chiese per cinque di essi di ritornare in Appello per la valutazione delle
attenuanti. La sentenza ha accolto in gran parte le richieste della difesa e
per quattro dei cinque ha ridotto la pena di due anni, cosa che consentirà almeno
l’affidamento ai servizi sociali.
E’
significativo rimarcare che nella requisitoria il Procuratore generale si è
dichiarato favorevole alla riduzione della pena, anche se in misura inferiore a
quella poi decisa dalla Corte. Una delle ragioni fondamentali di questa
posizione sta nella convinzione espressa nelle requisitoria che a determinare il
comportamento degli accusati vi erano stati anche gli abusi delle forze
dell’ordine e la follia nella gestione dell’ordine pubblico che caratterizzò
quelle tragiche giornate. Nulla di diverso, quindi, dalle motivazioni della
stessa sentenza della Cassazione. Ma ancor più nulla di diverso dalla sentenza
con la quale un’altra sezione della Cassazione aveva concluso il processo per
la macelleria messicana alla scuola
Diaz. I più alti gradi della polizia, altissimi grazie anche alle promozioni
che nel frattempo erano intervenute, sono stati condannati a quasi cinque anni
di carcere (che non faranno mai!), ma soprattutto a cinque anni di interdizione
dai pubblici uffici, già avvenuta. La motivazione consiste nell’aver “prodotto
il degrado dell’onore dell’Italia nel mondo”. E si riferisce al falso
vergognoso commesso da questi ignobili dirigenti, che obbligarono dei
sottoposti a introdurre nella scuola due bottiglie molotov al fine di poter
incolpare i 93 innocenti che dormivano nella scuola del reato di terrorismo. Va
segnalato, a conferma della difficoltà di fare del nostro un paese davvero civile,
che quegli alti dirigenti risultano tuttora insigniti di onorificenze al merito
della Repubblica (d’altra parte è sempre cavaliere anche il presidente
delinquente!).
L’esito del
processo Diaz (va ricordato che in primo grado erano stati tutti assolti, e che
il giudizio si era piegato alla volontà politica di considerare l’operazione
Diaz una “perquisizione legittima”, come tutto il peggior ciarpame della destra
e del gruppo dirigente si ostinava a ripetere) si deve alla dignità
professionale, alla coerenza morale e al coraggio di Enrico Zucca e di
Francesco Cardona Albini, i due pubblici ministeri che si batterono
ostinatamente perché giustizia fosse fatta, nonostante minacce e ritorsioni.
Quella sentenza, nel buio che spesso circonda i peggiori “delitti” dello Stato,
deve essere considerata davvero illuminante, e i suoi dettati si sono
certamente riflessi anche nell’esito che ha avuto oggi la sentenza d’appello
che ha riguardato le attenuanti per i manifestanti.
E’ difficile dimenticare che per sostenere quella sentenza fu decisivo
un filmato di pochi secondi che riprese tutto il gruppo davanti alla scuola a
gingillarsi fra le mani un sacchetto di plastica blu contenente le due molotov;
mentre interi filmati e centinaia di fotografie non furono sufficienti a
impedire l’imbroglio di quattro consulenti (lo sparo per aria!) e la decisione
di due magistrati inadeguati di archiviare l’omicidio di Carlo sottraendolo
anche a un dibattimento processuale.
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